martedì 10 settembre 2013

Il redditometro ai raggi X. Scontrini, conti correnti, casa: ecco i dieci falsi miti da sfatare sui controlli del Fisco

Dici redditometro e senti un brivido di paura lungo la schiena. Una sensazione avvertita non tanto dai veri evasori ma molto spesso dai contribuenti che sono in regola con la dichiarazione e il versamento delle tasse ma temono di finire nella rete dei controlli dell'agenzia delle Entrate. Ecco allora dieci falsi miti da sfatare sul nuovo redditometro per averne meno paura se si paga fino all'ultimo euro---segueGli accertamenti con il nuovo redditometro non saranno certo di massa. L'obiettivo dell'agenzia delle Entrate è quello di controllare 35mila soggetti. Tanto per fare una proporzione uno ogni mille contribuenti. Anche questo numero dovrebbe far pensare che la scelta ricadrà davvero sui soggetti a più alto rischio di evasione, cioè quelli per cui le spese effettuate superano di gran lunga il 20% rispetto ai redditi dichiarati al Fisco. Al massimo il nuovo redditometro si pone come strumento di compliance, che può far dichiarare in futuro qualcosa di più rispetto a quanto fatto finora.

Per arrivare ai veri e propri accertamenti il Fisco deve percorrere un percorso obbligato e che prevede tutele per il contribuente. L'operazione inizia con una preselezione automatica che crea una prima lista. I contribuenti nella lista sono coloro che hanno dei redditi dichiarati non in linea con quelli attesi dall'amministrazione. La lista è solo il primo step. Successivamente la lista va agli uffici periferici che operano una vera e propria selezione. I contribuenti da controllare saranno chiamati per portare chiarimenti e solo se i chiarimenti saranno insufficienti l'ufficio potrà aprire un vero e proprio controllo che potrà portare a una concreta rettifica.  

I conti correnti e i singoli movimenti dei contribuenti non sono a disposizione del fisco. Questi dati, in dettaglio, potranno essere conosciuti solo a seguito di una procedura autorizzativa che può essere attivata solo quando il fisco determina delle concrete anomalie che facciano ritenere che il contribuente non rispetti le regole fiscali. Nell'iter del redditometro le indagini finanziarie e l'analisi dei conti si possono realizzare o nella fase del confronto con il contribuente per libera scelta di quest'ultimo o per iniziativa del Fisco. L'iniziativa dell'agenzia delle Entrate, però, si avrà solo nel momento che, a seguito del confronto con l'amministrazione, il contribuente non sarà stato in grado di dimostrare la propria correttezza e la relativa coerenza dei propri redditi rispetto alle spese sostenute.

Attenzione a non cadere nella logica del più spendo e più rischio di essere controllato dal Fisco. Il redditometro non è uno strumento che intende punire i consumi ma cerca di ricostruire attraverso una serie di consumi presi in considerazione l'effettiva capacità contributiva, o per dirla ancora più semplicemente il tenore di vita realmente sostenuto. Quindi smettere di consumare o di spendere non serve. Piuttosto l'obiettivo è proprio quello di agire sulla leva dei redditi, inducendo chi dichiara poco a indicare in Unico imponibili più alti.

La collezione degli scontrini è un'attività assolutamente inutile per il redditometro. C'è un aspetto fondamentale da ricordare: gli scontrini non sono nominativi e quindi non dimostrano chi ha speso una determinata cifra. L'unica eccezione può essere rappresentata dalle spese mediche o farmaceutiche per cui lo scontrino è "parlante" e serve ad accedere alla detrazione in dichiarazione dei redditi. Discorso diverso, invece, per gli acquisti importanti o di maggior valore, per i quali conservare la documentazione (è il caso, per esempio, di rogiti per un immobile o contratti di acquisto di auto) insieme ai mezzi di pagamento può essere utile in caso di richiesta del Fisco. Inoltre per i beni non presenti già in Anagrafe tributaria le vendite oltre i 3.600 euro Iva inclusa sono comunicate con lo spesometro.

La tracciabilità dei pagamenti è un grande aiuto in caso di controlli con il redditometro. Poter dimostrare e contestualizzare i movimenti effettuati su conto corrente o i pagamenti tramite bancomat, carta di credito o assegno può rivelarsi una carta vincente in un eventuale contraddittorio con gli uffici. Attenzione però a non esagerare in eccessi. L'uso di denaro contante – nei limiti della soglia consentita di 999,99 euro - non è sicuramente a rischio per i piccoli acquisti quotidiani: dalla spesa al mercato o al supermercato.

Una preoccupazione che spesso nasce quando si sente parlare di redditometro è costituita dal fatto che si pensa che il contribuente a fronte dell'incompatibilità del proprio reddito dichiarato rispetto a quello calcolato in modo automatico dal fisco è obbligato a provare documentalmente la propria correttezza fiscale. Questo non è vero perché contribuenti e Fisco sono sullo stesso piano ed è l'amministrazione finanziaria a dover provare e motivare ciò che pretende. Certamente il contribuente potrà fornire elementi che, anche su base di semplici presunzioni, dimostrino la coerenza dei propri redditi dichiarati rispetto alle spese sostenute

Per alcune spese, ad esempio per quelle correnti, per le spese alimentari e per gli acquisti di abbigliamento il redditometro si basa non solo sulle spese effettivamente sostenute, ma anche su valori che derivano da studi statistici economici ("le cosidette spese calcolate su medie Istat). Queste spese, però, come ha di recente ricordato la stessa amministrazione finanziaria non entrano in gioco nella selezione del contribuente da sottoporre a controllo e verranno utilizzate dal Fisco solo nella fase di accertamento vero e proprio quando il contribuente non sarà stato in grado di fornire sufficienti elementi che facciano ragionevolmente ritenere che le spese effettivamente sostenute siano in linea con i redditi dichiarati.  

Il Fisco può sicuramente contare sulle banche dati. Tutta l'amministrazione finanziaria ne ha a disposizione ben 128. Il timore più diffuso, quindi, è quello di essere sotto un «Grande fratello» fiscale, in grado di ricostruire attimo dopo attimo la vita tributaria di ogni contribuente. In realtà non è così. Perché come sottolineato dalla commissione parlamentare di vigilanza sull'Anagrafe tributaria nella scorsa legislatura i database del Fisco fanno molta fatica a comunicare tra loro in quanto i dati immessi sono disomogenei o "parlano" addirittura lingue diverse. Una situazione paradossale se si pensa che con la nuova Superanagrafe dei conti correnti e con la comunicazione dei beni d'impresa concessi ai soci il flusso e la mole di dati a disposizione del Fisco è destinato ad aumentare.

Una preoccupazione sollevata da più parti è relativa ai metodi di calcolo degli investimenti e in particolare degli incrementi patrimoniali. In effetti la norma prevede che se il contribuente acquista una casa o un altro immobile (il discorso, però, può valere per qualsiasi altra spesa di investimento) nel periodo d'imposta sottoposto a accertamento questo rileva quale spesa interamente in detto periodo d'imposta. In effetti non è così. La determinazione degli investimenti tiene conto dei disinvestimenti e degli investimenti dei quattro anni precedenti presenti in Anagrafe tributaria. Il contribuente potrà dimostrare le sua coerenza fiscale fornendo la prova della formazione della provvista necessaria all'acquisto del bene e non anche delle relative fonti di reddito. 

 

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